Vent'anni fa ero molto più giovane, arrogante, con tante idee e molta confusione. Vent'anni fa iniziavo a comprendere quei meccanismi che governavano questo mondo. Venivano al pettine quei nodi nascosti ma che in molti, se non tutti, conoscevano. Si apriva un varco in quella buia e fumosa cortina, la chiamammo speranza, o almeno cosi la chiamavamo noi, sognatori per anagrafica. I giornali la chiamarono tangentopoli, in un groviglio di sbarre, manette, monete e volti strafottenti. Vent'anni fa sembrava aprirsi davanti a noi un futuro diverso, più equo, più umano, con un volto nuovo.
Vent'anni dopo sembra che niente sia accaduto, sembra che la storia si diverta a farci girare intorno al nulla per riportarci sempre negli stessi luoghi dove nulla cambia, tutto cambia, per rimanere uguale a se stesso. Vent'anni dopo non coltivo più quelle speranze, non ho più quelle arroganze, cammino per la mia strada, spesso m'illudo prima di rabbuiarmi. Mi volto spesso, sorrido amaro e torno a camminare su quel sentiero contorto e avvilente che qualche folle ha disegnato e qualche pazzo chiama patria.
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