Questioni di qualità o solo formalità? Continuerò a non studiare a non lavorare a non guardare la tivù. A non andare al cinema a non fare sport. A evitare le insegne luminose che attirano allocchi. A non essere pigro di testa. A non mentire. Ma ben vestito, quello si

sabato 26 marzo 2011

Bugs. In my head

All these... 

I got bugs 
I got bugs in my room 
Bugs in my bed 
Bugs in my ears 
Their eggs in my head 
Bugs in my pockets 
Bugs in my shoes 
Bugs in the way I feel about you 

Bugs on my window 
Trying to get in 
They don't go nowhere 
Waiting, waiting... 
Bugs on my ceiling 
Crowded the floor 
Standing, sitting, kneeling... 
A few block the door 

And now the question's: 
Do I kill them? 
Become their friend? 
Do I eat them? 
Raw or well done? 
Do I trick them? 
I don't think they're that dumb 
Do I join them? 
Looks like that's the one 

I got bugs on my skin 
Tickle my nausea 
I let it happen again 
They're always takin' over 
I see they surround me, I see... 
See them deciding my fate 
Oh, that which was once...was once up to me... 
Now it's too late 

I got bugs in my room...one on one 
That's when I had a chance 
I'll just stop now 
I'll become naked 
And with the...I'll become one 

martedì 22 marzo 2011

Memorie di una testa tagliata

Chi è che sa di che siamo capaci tutti
vanificato il limite oramai
si avvicina l'inverno
soffice crepitio sulla terra
pomeriggio dolce assolato terso
sotto un cielo slavo del sud
slavo cielo del sud non senza grazia

Salgo, lento, leggero
caldo sbuffo animale
penetrante m'assale
un ultimo pensiero odora di te
mi distendo aprendomi
tensione verticale
rallenta il mio respiro
scende in profondità
si adatta al soffio del mondo
pomeriggio dolce assolato terso
sotto un cielo slavo del sud pieno di grazia

In basso, in fondo, giù
la mia testa tagliata
porge uno sguardo fisso
immutabile ormai
sguardo compassionevole

Replay:
la mia testa tagliata
Replay:
sguardo compassionevole
sguardo fisso oramai

Replay:
vuoto
Replay
vuoto

(G. L. Ferretti)

domenica 20 marzo 2011

Stagioni

Ho seppellito tutto sotto una coltre di foglie ingiallite dall'autunno.
Ora su quelle foglie fattesi elemento nutriente sbocciano viole e primule.
Un'altra primavera, dopo un'altro inverno.
La ripetizione ossequiosa dello scorrere, come un fiume in piena
nella nostra precessione degli equinozi.
Attraversando fulgidi ricordi tra i primi raggi di sole, ingannevoli.
Le labbra non si dimenticano

domenica 6 marzo 2011

Fotogramma n° 1 - Nelle vie dell'anima

Esterno giorno - Tra i muri e le vie strette -

Camminare a passo lento tra le pietre che compongo quel dipinto quasi astratto, sottili vie, che si aprono in piazzette dove la luce del sole di fine inverno scalda i respiri di travagliati inverni.
Si incontrano i momenti in quei frangenti, si materializzano, come fossero li a guardarti, a spiarti incuriositi, vedere se sei cambiato o se sei ancora quello che passava di li e respirava quell'aria distrattamente tanti anni fa.
Nel passeggiare in mezzo alla solitudine incontri fotografie, attimi andati ancora vivi, incisi in quelle pietre. Dalle case vuote giungono grida risate rumori che si  fanno ascoltare dalla mente in un silenzio malinconico, con i colori catartici di un ricordo mai sopito. Le fontane gocciolano come un tempo, il suono è sempre lo stesso, forse l'unica cosa che non è mai cambiata. Fuori dall'Osteria ti sembra di vedere persone irriverenti alla vita con bicchieri e sigarette accese, mentre la porta si apre e qualcuno si rintana al caldo della stufa prendendo le carte e passando ore solo all'apparenza di niente. Sono attimi e tutto poi ritorna silenzioso. Finché nelle vie solitarie si materializzano davanti a te persone laboriose e indaffarate con quella scintilla negli occhi di chi è felice del passare del tempo tra lavori e fatiche.
Il sole è alto, scalda appena, il cielo è terso.
I miei occhi dalla Piazza, possono viaggiare da un estremo all'altro della valle senza ostacoli. La Piazza è luminosa, spoglia, come sempre l'aria si fa sentire sulla pelle nella sua ruvidezza. Il silenzio si confonde con la pace del Camposanto, sembra non ci sia nessuno, sembra siano tutti fuori, chi nelle proprie case, chi tra i caruggi o all'osteria a giocare a briscola, a bersi un bicchiere. Chi a lavorare negli orti o a piantare le patate verso Pianseiun. Giù in strada il silenzio è surreale, solo all'apparenza sembra di ascoltare in lontananza automobili arrivare. Il vortice ti accoglie, osservi nitidamente quelle giornate fatte di arrivi e partenze, di saluti veloci con gli occhi rivolti altrove, come per dissimulare le emozioni rinchiuse in noi, come una fuga dall'irreale per ritornare a quel reale conflittuale dentro di noi. .
Il Salone è chiuso, ma si distinguono tra i refoli di vento che lo contornano, figure pigre, sedute. Un attimo silenziose e l'attimo dopo loquaci e serene. Attendono la fortuna, gli eventi, la notte che verrà, racchiusi in pensieri tra il superficiale e il profondo, fra sguardi evasivi e sicuri. Mentre dall'interno il Juke box suona, il rumore della palla del calcetto, sovrasta parole di sfide mai finite tra un bicchiere di vino e uno di birra. Profumi che provengono dalla cucina ti indicano che la sera sta per arrivare.
Passo dopo passo ritorni in luoghi a te familiari, ti accorgi dei cambiamenti, seppur anche minimi negli anni. Ed è un continuo incontro di istantanee che si aprono tra le reminiscenze, diventando reale, fino a toccarle, a conversare con loro, a fermarti a bere un bicchiere con loro.
Dalla Cappelletta sembra di sentire le note della banda e il confondersi tra il verde dei cappelli da alpino, mentre qualcuno aspetta il momento buono per nascondersi e scappare. Rivedi il ritrovo nascosto al buio, le stelle, le nottate in cui si scrutava l'infinito sconosciuto.
In lontananza, Pacosta all'apparenza immersa nella solitudine dei suoi pini. Osservi panchine vuote che in un battito di ciglia ritrovi occupate da anime trasparenti prese nei loro pensieri nelle loro gioie, nei loro dolori, in giornate limpide come questa, oppure in giornate intrise di piccole gocce che cadevano dal cielo a formare pozzanghere in cui era facile cadere. Da lì, il punto di vista, l'immagine delle case tutte rannicchiate tra di loro diventa un'abbraccio stretto tra il tempo, il divenire e te stesso. Il sole in evoluzione compie la sua parabola discendente, il calore emanato è sempre meno. Il campanile rintocca le ore con il suo suono consueto, sempre lo stesso, confortevole, dando vita alle ombre che si allungano sui ciottoli tra le mura.
E' l'ora di preparare la borsa e tornare alla realtà, abbandonare quei colori pastello, i miei colori, per tornare ad immergermi nei colori metallici freddi e distaccati di questi anni.
Sulla strada verso casa incontro qua e la ricordi trasparenti che mi salutano e mi ripetono in continuazione di ritornare presto. Tornerò, a tenervi compagnia, come tutti gli anni. Rivedrò le stesse immagini, le stesse persone, le stesse anime in dissolvenza.
Di queste ore passate rimane impressa l'immagine sovrastante che ha invaso quei luoghi. Dove prima incontravo vecchi ricordi, vecchie emozioni, ora incontro, oltre a loro, trepidazioni che si fanno immagini carnali e poetiche. Mi prendono per mano tra i palpiti e rapiscono i miei sensi, i miei tormenti più intimi le mie sensibilità più nascoste, accompagnandomi tra sorrisi amari verso casa.
La borsa è pronta, la casa è in ordine. Il letto appena rifatto.
Mi ritrovo nella tasca un braccialetto, non ricordo di averlo mai visto, non so come possa essere finito nella tasca della mia giacca. Forse è il potere della magia di quei luoghi, di quelle persone invisibili incontrate. Forse qualcuno di loro l'ha infilato nella mia tasca come ricordo del nostro incontro, forse sono incantesimi. Non ho spiegazioni, non servono, mi basta questo, per posare nel cesto dei ricordi anche le sensazioni di questo giorno. Mi basta per sapere che ci sono luoghi  che spesso parlano di più delle persone che li hanno vissuti.
Scendo le scale con lo zaino in spalla, mi lascio dietro tutto. Riparto per l'ennesimo viaggio silenzioso. Trattengo il respiro in un ultimo veloce sguardo al tempo andato. A presto.

Dissolvenza

martedì 1 marzo 2011

Il mio punto di rottura

E’ tutta una questione di comportamento? E’ solo un modo di comportarsi, reprimendo le proprie parole per non causare danni? Il quieto vivere, dire va bene e poi pensare tutt’altro? Non è così, non è facile trattenermi  se le parole vengono usate a caso (meglio dire a cazzo) svilendo il loro significato. Poi scoppio, non mi trattengo e spesso non è piacevole. Non posso sentirmi dire che “la caratura delle autorità invitate necessita di una locazione adeguata”. Adeguata a cosa, al loro culo? Troppo importanti per sedersi su una sedia di plastica, dobbiamo farli sedere per forza sulle poltrone di pelle che il loro fondoschiena poco affaticato predilige, dato il ruolo che ricoprono? Non sarebbe il caso che questi pseudo elitari post governativi si facciano un bagno di umiltà appoggiando il loro culo direttamente per terra, tanto per avere chiara cos’è la visione “dal basso” dei comuni mortali che tirano la carretta per una vita spesso senza una minima gratificazione? Qual‘ è la “vetrina adatta ad accogliere queste autorità”? Ma un salto spazio/temporale nella vita reale no? E’ troppo chiederlo? E il continuo dire che “noi stiamo in mezzo alla gente” dov’è finito? Ah, è vero parlano ma non ne conoscono il significato. Ma in tutto questo quello che mi fa schifo non è il comportamento di queste piccole autorità. E’ il servilismo accecato di una massa di stupidi che fanno di tutto per entrare nelle grazie di sti mentecatti fuori dal mondo. Questa è prostituzione intellettuale dilaga nella società civile, o meglio ex civile. Non è questione di puttane, è che le puttane sono ovunque uomini o donne, sono intorno a noi. Dove può andare una nazione che si ritrova in questo stato? È un giro di parole, ma si sa: a puttane, solo a puttane può andare. Tutti indaffarati a preparare inutili manifestazioni per la felicità dei superiori, dei padroni. Tutto deve essere preciso, dalla carta da parati ai tappeti, alle sedie, all’acqua minerale, alle belle statuine appositamente posizionate per accogliere il potere. Tutto tranne i contenuti, quelli sono sempre gli stessi, noiosi e scontati, superficiali, evasivi, subdoli. Dedicati ad una massa di servetti inutili sempre pronti a sdraiarsi davanti all’autorità. Non ho problemi a rispettare l’autorità in se, anche se le idee spesso sono l’opposto dello scibile umano. Ma per favore, non chiedetemi di inginocchiarmi, non chiedetemi di abbassare lo sguardo quando stringo qualche mano "importante", non è proprio il caso, non sono la persona giusta. Cercate altrove. Anzi vi dirò, mi sto anche rompendo il cazzo e non faccio fatica a rimettermi a far niente. Tanto qui è una delusione. A parole tutti vorrebbero la rivoluzione,  ma non hanno manco il coraggio di guardarti negli occhi quando gli parli. Prendessimo spunto da quelli che qualche ignorante xenofobo chiamava “bingo bongo” saremmo a buon punto. Ma quelle son persone intelligenti. Mica stupidi e inutili come noi. Ce lo meritiamo Berlusconi, ce li meritiamo i suoi cloni. Ci meritiamo il Berlusconi che è in noi, perché ci fa comodo. Fa comodo in questo mondo inconsapevole abituato ormai a tutto sapere che c'è qualcuno come lui, o peggio di lui. Così l'asticella della dignità la teniamo bassa, che poi se è troppo alta e cadiamo rischiamo di farci male, di perdere le nostre certezze inconsistenti per non dire altro.
Per fortuna ho avuto cattivi maestri, mi hanno insegnato i limiti della decenza, mi hanno insegnato a prediligere la fusione alla fissione e soprattutto mi hanno insegnato a coltivare la libertà di pensiero. Non saranno quattro coglioni a rimettere in discussioni le mie idee. E' l'unica certezza che ho.