Questioni di qualità o solo formalità? Continuerò a non studiare a non lavorare a non guardare la tivù. A non andare al cinema a non fare sport. A evitare le insegne luminose che attirano allocchi. A non essere pigro di testa. A non mentire. Ma ben vestito, quello si

venerdì 6 aprile 2012

Sarajevo, esterno notte


Sono passati vent'anni. All'ora ne avevo appena compiuti diciotto. 
Il periodo storico della guerra nell'ex Jugoslavia mi ha sicuramente segnato, nel bene e nel male.
Un uscire dall'incanto giovanile per conoscere i meandri più neri della natura umana. 
Scoprire come vanno davvero le cose quando le storie prendono una brutta piega. 
Nel mio immaginario mi laceravo, pensando a come potesse cambiare un atteggiamento verso altre persone in così poco tempo. Com'era possibile che popolazioni, vicine, inglobate in un'unica società potessero arrivare all'efferatezza della pulizia etnica. Vicini di casa che condividevano le loro vite di punto in bianco si trucidavano tra di loro in nome di un odio etnico religioso tenuto represso per anni.
Così vicini a noi! E nonostante tv e giornali ne parlassero anche con dovizia, non si respirava nelle nostre strade, nelle piazza, nella vita di tutti i giorni, una preoccupazione, un' inquietudine forte e partecipativa per quello che accadeva laggiù, oltre l'Adriatico.
Vicino a noi, non dissimili da noi. La banalità del male offerta in sacrificio in nome della religione. Deprimente evoluzione del degrado mentale umano. 
I nomi di quelle cittadine, di quei paesi rasi al suolo dalla furia di quella pazzia, di quella malattia mentale, li ricordo quasi tutti, risuonano nella mia testa e non vogliono essere dimenticati: Goradze, Srebrenica,  Bijeljina,  Bihac, Brcko, Grbavica, Visegrad, Mostar e Sarajevo assediata per quasi quattro anni dai cecchini. Paesi di collina, di montagna come i nostri, simili ai nostri.
Non si può far cadere nell'obblio quegli eventi. Dalla loro elaborazione qualcosa ti cambia ed io non posso dimenticare quell'evento che ha acceso dentro di me il fuoco del dubbio, rimettendo in discussione molto di quello che in precedenza era il mio credo. Accendendo una riflessione su quello che è, che era l'odio nella nostra società all'alba del declino.
Negli anni precedenti convivevo con il dogma della chiesa, con la fede nella religione Cristiana. Quello che avvenne dopo il 6 aprile 1992 accese la mia inquietudine ed i miei dubbi. Dubbi che mi allontanavano sempre più dalla fede, dalla chiesa, da parole forti spesso ripetute tanto per dire , dai dogmi religiosi in generale è da quel groviglio di predicatori in malafede portatori di verità assolute. Se un credo religioso equivale ad avere il diritto di vita o di morte su chi non la pensa come te, allora non è una cosa che faccia per me. Se la religione divide invece di unire, allora qualcosa non va e non da ora, da molto tempo. Così ebbe inizio il mio progressivo allontanamento dalla fede, dalla religione e da quell'assopimento intellettuale che è lo scopo cardine di ogni religione.Un percorso critico di tutto ciò che era stata nella mia vita, la Chiesa tra la tradizione e la superstizione. Ed oggi alla fine di quel cammino anche se secondo qualcuno sono diventato estremo nei miei giudizi, mi sento più libero e non assoggettato a nessuna verità assoluta. Ora posso cercare di capire le storture della storia umana utilizzando una lente diversa.
Non bisogna dimenticare quello che successe in quegli anni, tutto può ripetersi anche in luoghi impensabili. Il fanatismo è intrinseco nel nostro essere. 
Dovremmo farci delle domande e cercare dentro di noi delle risposte. Che senso ha la fede se viene sotterrata da un odio che di sacro non ha niente? Che senso ha credere in qualcosa e professare tutto l'opposto. Che senso ha tutto quest'odio. Che senso ha avuto tutto quel sangue versato.
Mentre Sarajevo bruciava, l'occidente gozzovigliava indifferente alla cena finale del secondo millennio 
Oggi ha Sarajevo sono state deposte undicimila sedie rosse, vuote. Una per ogni vittima di quel disumano assedio.
Sotto la polvere degli anni la scintilla etnica è ancora viva pronta ad esplodere ancora.


"Occorre essere attenti per essere padroni di noi stessi"

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